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DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 27 ottobre 2024.


Tutti, ma proprio tutti a bordo.


Lui, Bartimeo, il cieco, era seduto lì, ai bordi della strada che da Gerico indirizzava i pellegrini a Gerusalemme. La sua storia è un groviglio di nodi, di fregature, di “messe al bordo”. Ma sono i bordi la passione del Dio di Gesù.

Messo al bordo di una città, la città più profonda e più antica della Palestina. Gesù passa proprio lì. Facendo una planata cinematografica su Gerico, riconosciamo la città dei vip di Gerusalemme, delle loro seconde case, i mercati delle stoffe pregiate, i banchetti e le feste organizzate da Erode nella sua residenza di lusso, le corse all’ippodromo e gli spettacoli all’anfiteatro, i soldi che rimbalzavano dalle bettole ai falegnami, dai venditori di vino agli esattori, capitanati dal “grande nano” Zaccheo che in quella città poteva strizzare per bene le tasche degli ebrei e rendere felici le casse imperiali della provincia di Giudea. Proprio fuori della porta, in direzione Gerusalemme, stava Bartimeo. Quasi un passaggio obbligato se vuoi salire a Gerusalemme. E Gesù ci inciampa addosso! Appena fuori dal tenore borghese di Gerico, Gesù si deve fermare. Dio costretto a fermarsi per l’ultima volta prima di entrare nella Città Santa. Si ferma in quella depressione geografica (240 mt. s.t.l.), specchio del «fondo più fondo degli occhi, della notte e del pianto» (de André): dentro le mura le ricchezze che riempivano gli occhi dei pellegrini, appena fuori il buio pesto della cecità, di una cecità antichissima e mai curata da quando Giosuè la conquista ai Cananei. Ai bordi di Gerico c’è la vera Gerico, così come la vede e la incontra Dio: piena di sfarzo, eppure cieca; piena di soldi, eppure mendicante; piena di pellegrini, eppure seduta. Bartimeo è la carta d’identità di Gerico…

Messo al bordo di una strada, la strada dell’ultimo sforzo prima della salitona a Gerusalemme, dove si raccolgono le forze e si recupera il respiro per affrontare l’ultima fatica e dove i genitori motivano i piccoli: coraggio, adesso che ci siamo rifocillati, occorre l’ultimo sforzo prima di arrivare e poi sarà la grande festa, la musica, il cibo, le danze e i giochi. Ma su quella strada non tutti camminano, c’è chi è inchiodato e sta seduto: Bartimeo non può fare il pellegrinaggio. Non ha nessuno che lo accompagni, e poi sa perfettamente di essere un errore irrimediabile di Dio.

Messo al bordo della luce, dei colori, delle forme. È l’atroce sentenza sui ciechi: il mondo buio, tutto ammassato, senza contorni. Si deve affidare alla voce. Solo una voca-zione può strapparlo e restituirlo al mondo dei colori, dei contorni e dei bordi. E così avviene: lui urla «Figlio di Davide, abbi pietà di me» (quasi a contrattare, come i venditori ambulanti: «se tu dici di essere grande come Davide, non puoi non avere pietà!») e Gesù si ferma e dice: «Chiamatelo», che letteralmente sarebbe dal greco: «voca-telo» (phonésate autòn) perché solo verso una voce (phoné) un cieco può indirizzare lo sguardo.

Messo al bordo delle relazioni. Per chi non l’avesse capito, Marco precisa: Bartimeo, figlio di Timeo. Capito? Fati la domanda: che fine ha fatto Timeo? Perché non si prende cura del figlio? E chi lo sa! Ma sicuramente è la storia di uno strappo affettivo: sarà orfano di babbo? Oppure è la solita storiaccia di una famiglia che ha messo al bordo il figlio perché porta male, perché è una maledizione contagiosa la sua cecità, e comunque si deve arrangiare da solo? Oppure, tutte queste cose insieme, che descrivono un accumulo di ferite affettive dove anche la religione opera la sua messa al bordo: «Se non obbedirai alla voce del Signore […], il Signore ti colpirà di delirio, di cecità e di pazzia, così che andrai brancolando in pieno giorno come il cieco brancola nel buio. Non riuscirai nelle tue imprese, sarai ogni giorno oppresso e spogliato e nessuno ti aiuterà» (Dt 28,28).

Messo al bordo dalla folla. Costretto a mendicare la cura di qualcuno che di passaggio lenisse con qualche centesimo il peso della vita. Ma lui sapeva perfettamente che quelle persone non le avrebbe più riviste: non poteva mendicare relazione e cura autentica e duratura, ma solo un centesimo di sguardo. Magari per sciacquarsi la coscienza o come buon auspicio per la conclusione del pellegrinaggio, qualcuno avrebbe sborsato qualche soldo in più.

Ma poi arriva quel giorno. Tutto quel chiasso e una persona che tutti chiamano Gesù Nazareno. Tutti mendicavano da Lui qualcosa, ma Lui era in giro per mendicare uomini, per incontrare l’uomo, ed era interessato proprio all’uomo messo al bordo, l’uomo del bordo, l’uomo al bordo… Lo fa chiamare e la folla, prima infastidita dalle urla di Bartimeo, diventa canale della voce: «Coraggio! Àlzati, ti chiama» (thàrsei, égeire phoneì se). Bellissimo: Gesù cura la cecità della folla prima di quella di Bartimeo, facendoli angeli della sua risurrezione («àlzati» è l’imperativo della risurrezione dal sepolcro!). E poi il dialogo con Gesù, il miracolo della fede che salva e che fa vedere le cose correttamente, ma soprattutto il miracolo della nuova strada di Bartimeo, da “messo ai bordi”, a “portato a bordo” assieme alla folla. Ora, per l’evangelista Marco, a bordo ci sono proprio tutti quelli che servono per approdare a Gerusalemme.


don Giammaria Canu




«Ho avvicinato una lampada spenta al volto di una statua e vi ho aggiunto con il colore una luce, una luce che non proviene da nessun luogo, la luce di una stella morta, passata inaspettatamente a fianco a quel volto».

C. Parmiggiani, A lume spento (1986).



Da M. Mengoni, Luce. Nell’ascolto del brano, è possibile scoprire la luce nascosta dietro le fatiche che mordono l’anima e raccontano la comoda bugia di una vita già sconfitta perché ormai orfana di affetti. E invece «il sole esiste anche in fondo a una lacrima» e al grido disperato di risurrezione.

 


Difendimi da spettri ed ombre

Le solite malinconie

Dal solito cinismo stanco che di punto in bianco

Rende anche i miei sogni

Soltanto comode bugie

E quando mi rassegnerò

E ritornerà una notte madre di incertezze ed orfana di stelle

Tu insegnami a brillare come sa brillare il sole

Che ogni sera scende, ma risorge sempre

Tu sei la mia luce

E splendi sempre dentro l'anima

Anche in questa notte

Questa lunga notte senza fine

Tutto cambia, invece

Tu illumini sopra ogni nuvola

Che il sole esiste anche in fondo a una lacrima

E non può far male mai

Non mi fa male mai

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